Il correntista non dovrebbe temere la sofferenza bancaria (illegittima). E’ la banca che segnala illegittimamente che dovrebbe temere il correntista.((Adattamento della cit. tratta dal film V per Vendetta: “Il popolo non dovrebbe temere i suoi governanti. I governanti dovrebbero temere il loro popolo.”))
L’azienda segnalata è sana, ed è uno dei pochi casi di impresa che lavora con i propri soldi. Sarebbe stato semplice, per la banca segnalante, verificare che la situazione patrimoniale e finanziaria dell’azienda non era né deficitaria né caratterizzata da una grave e non transitoria difficoltà economica equiparabile, anche se non coincidente, con la condizione di insolvenza.
Il giudice correttamente ricorda ““che l’onere di dimostrare la sussistenza dei presupposti per la corretta segnalazione “a sofferenza” grava necessariamente sull’ intermediario” e che “non potendo l’apposizione “a sofferenza” discendere dalla mera analisi degli specifici rapporti in essere tra il singolo istituto segnalante e il cliente (Cass. 12626/2010), tanto più che, nella fattispecie concreta, non risultano altre criticità con il ceto bancario“.
La sofferenza bancaria è regolamentata dalla circ. 139 del 11 febbraio 1991 e succ. aggiornamenti.
Infatti, la circ. n° 139 così recita: “nella categoria di censimento sofferenze va ricondotta l’intera esposizione per cassa nei confronti di soggetti in stato di insolvenza, anche non accertato giudizialmente, o in situazioni sostanzialmente equiparabili, indipendentemente dalle eventuali previsioni di perdita formulate dall’azienda” e “l’appostazione a sofferenza implica una valutazione da parte dell’intermediario della complessiva situazione finanziaria del cliente e non può scaturire automaticamente da un mero ritardo di quest’ultimo nel pagamento del debito. La contestazione del credito non è di per sé condizione sufficiente per l’appostazione a sofferenza”.
L’intermediario di fatto ha basato la scelta, consapevole, di segnalare la sofferenza (illegittima) sul nominativo del cliente sul presupposto del mancato pagamento del saldo debitore di un conto corrente revocato – a suo dire – nel 2010, ma non dimostrato da alcun documento.
Nella pratica l’unica revoca dimostrata dalla banca è avvenuta a dicembre 2018, con contestuale segnalazione a sofferenza prontamente opposta dalla società grazie all’analisi della CR Banca d’Italia a sostegno delle contestazioni.
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